Jenny: si può vincere molto, già solo partecipando


Io appartengo alla fitta schiera dei piloti prodotti dal lockdown, avete presente la noia? …Poi ad un certo punto da cosa nasce cosa.

Fare parte del moto club significa appartenere a un gruppo, un gruppo che partecipa alle competizioni è una squadra.

La squadra femminile dell’offroad del Moto Club Della Futa, di cui mi pregio di fare parte, è francamente uno spettacolo, siamo come le Spice Girls dei tempi d’oro: siamo ovunque, abbiamo le nostre coreografie e quando arriviamo è impossibile non accorgersene.

Parlo al plurale, senza aver chiesto il permesso alle altre, perché io personalmente come pilota non esisterei, la dimensione in cui la mia esperienza agonistica ha senso è la formula del gruppo. E questa certamente è una cosa insolita, dal momento che il motociclismo è uno sport individuale, ma non è per niente secondaria, per esempio se come me sali in moto all’età in cui più di uno ha già smesso.

In gruppo siamo andate a correre la tappa di Isola Vicentina del Campionato del Triveneto a giugno 2021, in gruppo siamo andate al Motorally del Montefeltro organizzato dagli amici del Moto Club del Montefeltro in luglio, e poi al Calanchi Trophy.

Siccome il mio personale momento di gloria si colloca nella speciale di Isola Vicentina, ovviamente mi piace ricordare soprattutto quella. Non è vero, mi piace ricordarla perché è stata una bellissima giornata di competizione e di squadra. Eravamo in cinque, e l’unica veterana delle corse in moto era la più giovane: Sara Marchioni, 11 anni.

Il resto un gruppo eterogeneo per esperienza, capacità ed ambizione, che nell’insieme era lì per partecipare insieme, esserci. Se avete presente come funziona una squadra sicuramente avete capito il senso, altrimenti è impossibile spiegarlo.

Dicono che le competizioni tra donne sono spettacolari perché rivelano che le donne sono molto competitive. Io non credo, però so per certo che quando parti, la competizione ti sale anche se non sapevi di averla. Vi spiego come con un succoso aneddoto.

Era giugno, c’erano 34 gradi e una fila di 20 minuti a ogni partenza: ci rovesciavamo intere bottiglie d’acqua addosso per non cuocere nel casco.

La mattina presto avevamo percorso a piedi il fettucciato, e già alle 9 era un caldo torrido. Solo capire come funzionano parco chiuso e controllo orario era una roba da collasso. La partenza della prima speciale era alle 14, un orario fantozziano. Le sei speciali sono state poi ridotte a cinque perché il polverone del terreno macinato a metà pomeriggio aveva portato la visibilità a zero.

Partivamo a 30 secondi di distacco, le ragazze dopo le moto d’epoca.

La parte finale del fettucciato era un lungo zig zag attraverso un pratone.

Durante la terza speciale io cado e, mentre cerco di rimettermi in piedi, la compagna di squadra partita dopo di me sopraggiunge e giustamente passa (leggi = crudelmente mi lascia lì in un fosso).

Riparto, carica come una bomba, e mi lancio all’inseguimento. All’uscita del primo boschetto la vedo percorrere il primo prato e mi rendo conto che posso riprenderla, lei mi vede e capisce che posso raggiungerla. All’uscita del secondo boschetto il distacco si è ridotto e siamo nel pratone finale.

Il pratone è insidioso perché si può scivolare, ma noi non lo sappiamo o non ci interessa. Procedendo a zig zag lei ha modo di vedere bene come e quanto mi avvicino. E inizia a urlarmi cose che non riporto perché è una signora. Io mi accingo a fare probabilmente il primo sorpasso della mia vita e quindi, per stare sicura, me lo invento esterno. Mentre la passo, lancio un urlo di guerra. Il nostro team all’arrivo ci guarda basito con le mani nei capelli.

Passo il traguardo e mi fermo ad aspettarla. Arriva e quasi cadiamo dalle moto, piegate in due dalle risate. Arriva Marco Degan allibito e ci dice “ma che cosa avete fatto?”

A quel punto e solo a quel punto ci rendiamo conto che non eravamo sole, c’era tutto il pubblico, la postazione dei cronometristi e il nostro team, e tutti ci avevano visto battagliare lungo il pratone urlandoci contro.

Ho concluso la gara al terzo posto e non so se sto rendendo un buon servizio alla categoria dei piloti raccontando come sono andate le cose. La mia è una storia in cui il 99% è divertimento e solo l’1% competizione.

Non so dire se è vero che nelle competizioni l’importante è partecipare.

So però che si può vincere molto, già solo partecipando.